2021



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Le fotografie

– J. W. Waterhouse, Dante e Matilda, circa 1914-1917, Dahesh Museum of Art di New York, da Wikimedia Commons.

– C. Saccaggi, Incipit Vita Nova, 1903, Collezione provata di Francia, da Wikimedia Commons.

– Targa commemorativa del VI centenario della morte di Dante (1921) a Vallombrosa, foto di P.I.M., 2020.

– Re Edoardo I d’Inghilterra dal film Braveheart, interpretato dall’attore Patrick McGoohan († 2009), foto tratta dal sito www.factinate.com/

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DANTE ALIGHIERI VISITO'
davvero l'Inghilterra?


Si trova poco citato e ormai solo nelle biblioteche o sulle bancarelle il libro Saggi e Discorsi su Dante di Vittorio Rossi, Firenze 1930. Con rammarico perché meriterebbe miglior fortuna per le interessanti notizie al suo interno anche per chi non ha la qualifica di “dantista” ma è solo un appassionato del Poeta. Innanzitutto è da leggervi, per introdurre lo studio dei luoghi di Dante, ivi compresa l’Inghilterra, l’articolo sulla Geografia Fisica Dantesca pubblicata già nel Fanfulla della domenica, XXX, 32, Roma 9 agosto 1908.

Nello scritto infatti l’autore fa conoscere al lettore un ‘problema’ che i dotti del medioevo cercarono di risolvere “gravemente e lungamente”: la questione “se l’acqua nella sua sfera, cioè nella sua natural superficie, sia in qualche parte più alta della terra emersa”. Allora si pensava, per dirla in breve, che “a un corpo più nobile s’addice luogo più nobile” e quindi un luogo è più nobile quanto più elevato, cioè più vicino alla sfera celeste. E poiché l’acqua era più nobile della terra doveva essere più alta della terra emersa. E giù con sillogismi e dispute.


Ai nostri tempi non “possiamo trattenere un sorriso”, scrive il Rossi, che però ne parla perché pare che la Questione fosse affrontata da Dante. E cita tra i più convinti studiosi l’inglese Edward Moore, l’astronomo Filippo Angelitti e il letterato pisano Vincenzo Biagi, che commentò i precedenti. La domanda alla fine resta questa: davvero Dante espose la Questione nella chiesa veronese di Sant’Elena la domenica 20 gennaio 1320, come dice la chiusa dell’opuscolo del letterato e poi mise per scritto il discorso “affinché non glielo svisasse il livor dei maligni”? Nonostante la buona volontà non ne esce attestazione sicura. E tuttavia Rossi, anche a costo di buscarsi qualche “canzonatura”, pensa la Quaestio un genuino documento di Dante.

Un secondo saggio del Rossi entra più direttamente nel merito dell’accostamento di alcuni luoghi alle presunte visite di Dante. Si intitola Le «Orme di Dante» del Bassermann (Alfredo, Heidelberg 1897), un tedesco che percorse l’Italia alla ricerca delle tracce dei Poeta. Le trovò in grande abbondanza dove erano già note: nel Casentino, nella Lunigiana o intorno a Verona. Ne reperì altre facendo delle ipotesi, cioè applicando un’opinione che si riassume così: dove non c’è nulla che contrasta si può “dire che Dante vide ciò che descrive”. Il Rossi aggiunge però che “c’è una via di mezzo” per la quale converrebbe procedere guardinghi senza lasciarsi allettare da certi “viottoli laterali” che portano dritti “ai regni fioriti dell’immaginazione”.
Nessuno infatti può pensare seriamente che se Dante accenna alla Libia, all’Etiopia e ai “tedeschi lurchi” (= beoni), abbia veramente visitato quelle nazioni e popoli.
Dietro il suo proposito di procedere guardingo dunque il Rossi scrive che riesce impossibile lo stabilire criteri obiettivi e che comunque i ricordi geografici introdotti per similitudine in genere sono di più sicura garanzia di altri (vedi l’effetto del vento tra i rami della pineta a Classe di Ravenna, Purgatorio XXVIII, 19-21). Ma che dire dell’accostamento tra le dighe di Fiandra e gli argini dei padovani (Inferno XV, 4-9), interpretata come un viaggio nell’Europa del nord?

Altre tracce suggestive del Bassermann riguardano Roma che forse Dante contemplò da Monte Mario (Paradiso XV, 109) o che vide percorsa dai pellegrini sul ponte Sant’Angelo per il giubileo (1300, Inferno, XVIII, 28-33).

Ma forse salì anche sul Falterona e ammirò l’Arno dall’alto, perché del fiume dette sempre mirabile esempio di precisione descrittiva (Purgatorio XIV, 16-54).
Seppe poi delle vicende politiche di Pistoia, e dei bianchi e dei neri, perniciose fazioni, ma non si può dimostrare che ne avesse avuto conoscenza diretta.
Invece gli accenni fatti a figure della vita quotidiana lucchese e al Volto Santo (Inferno XXI, 48) confermerebbero, per il Bassermann, la sua dimora in una città a lui cara a causa di una misteriosa donna, Gentucca (Purgatorio XXIV, 37).

Altri luoghi presumibilmente visitati: l’Alpe di San Benedetto e la cascata (Inferno XVI, 94-102) sulla strada che da Pontassieve conduce in Romagna; il Catria con il monastero di Fonte Avellana (Paradiso XXI, 106-111); la parte dell’Umbria “intra Tupino e l’acqua che discende dal colle eletto del beato Ubaldo” (Paradiso XI, 43-51); il «Bulicame» [= sorgente di acqua sulfurea] di Viterbo (Inferno XIV, 79); la Chiana lento scorrente (Paradiso XIII, 23); il campo della battaglia di Colle in Valdelsa che la gentildonna Sapìa Salvani forse osservò dalle mura (Purgatorio XIII 115-123; XXXIII, 67); Monteriggioni turrita (Inferno XXXI, 40); le selvagge macchie maremmane (Inferno XIII 7-9; XXV 19); la fiumana bella tra Sestri e Chiavari (Purgatorio XIX, 100); la vista che si gode dal monte Caprione (Purgatorio III, 49); e, ai piedi del Caprione, la pianura dove fu Luni che Dante ricorda in versi “pieni del sentimento del reale” (Inferno XX, 47; Paradiso XVI, 73).

E così via. Il Rossi sulle orme del Bassermann attraversa altri luoghi di Dante: per citarne alcuni, Bologna, e, presso Postumia, il monte Tambernic - Javornik (Inferno XXXII, 28); poi va in Sicilia – “la bella Trinacria che caliga [= si offusca per caligine] tra Pachino e Peloro” – (Paradiso VIII, 67), tornando agli ospizi di Valdichiana, tra luglio e settembre, di Maremma e di Sardegna per riunirli in una fossa e descrivere i mali e i dolori della decima bolgia (Inferno XXIX, 46).

E andiamo in Inghilterra.

Il Rossi cita lo studioso William Ewart Gladstone, che en passant fu anche primo ministro del suo paese († 1898) e che scrisse Did Dante study in Oxford? (“Nineteenth Century”, giugno 1892). E ricorda come, nel suo lavoro, Gladstone adducesse come “solido argomento” per la sua congettura la menzione di Douai, Lilla, Gand e Bruges nel canto XX del Purgatorio – “quattro città situate sulle linea che deve percorrere chi dalla frontiera francese vada verso il settentrione – e delle dighe fiamminghe che Dante avrebbe veduto in viaggio per Oxford”.

Volendone sapere di più in studi più vicini nel tempo, si trova ricordato in Dante’s Fame abroad di Werner P. Friederich (1950) il fatto che Gladstone riprese gli scritti di un altro cultore del Poeta: Edward H. Plumptre († 1891). Ed entrambi restavano all’epoca i due soli “scholars” convinti della visita di Dante in Inghilterra.

Plumptre non avanzò un periodo definito, ma propose i due anni compresi fra il matrimonio di Beatrice e la battaglia di Campaldino (1286-1289), quando Dante aveva il cuore spezzato per le nozze di lei e cominciò a girare il mondo in cerca di conforto. Attraversò la Francia e giunse in Inghilterra tramite le Fiandre oppure seguì l’itinerario che passava da Colonia e dai Paesi Bassi.
Del viaggio l’autore trova tracce nella Commedia: in Paradiso X, 136, il Poeta parla di Sigieri di Brabante, che insegnava nel “vico degli Strami”; e ne fece il commento Giovanni da Serravalle. Sarebbe la prova della sua visita a Parigi.
Annovera anche le città delle Fiandre sulla via della Manica (Inferno XV, 4), le parole su Guy di Montfort, la cui vittima Enrico di Cornovaglia era in parte (il cuore) sepolta in Westminster (Inferno XII, 120), la sua spiegazione dell’ostilità fra Enrico II e il suo figlio favorito (Inferno XXXVIII, 133), la reverenza con la quale parla di Enrico III (Purgatorio VII, 130), l’allusione tra le guerre di Edoardo I contro il Balliol scozzese (Paradiso XIX, 121), e l’inclusione di Beda nel Paradiso (X, 131). Sono per l’autore prove del suo viaggio in Inghilterra e della sua familiarità con la storia inglese.

Nella seconda parte del suo saggio Plumptre cercò di provare che Dante, nelle materie scientifiche, fu debitore di Ruggero Bacone († a Oxford ca 1292), la cui grande fama costituì una ragione in più per desiderare di visitare l’Inghilterra.
Tornato in patria solo la morte dell’amata nel 1290 gli avrebbe dato l’opportunità di parlare del dolore provato durante il suo passato infelice e gli anni irrequieti.
Gladstone non fece altro che seguire Plumptre e ne ripeté gli argomenti aggiungendo che sicuramente il Poeta non avrebbe parlato degli spiriti che ricorda nell’Aldilà se non li avesse conosciuti e non avesse avuto familiarità con la storia dell’Isola oltre la Manica.

Paola Ircani Menichini, 20 marzo 2021.
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